Influsso dei Benedettini sul mondo Romano – Barbarico

Il monachesimo in genere, l’ordine benedettino in particolare, sorto quasi contemporaneamente alle grandi invasioni barbariche ( Sec V – VI) esercitò un influsso multiforme religioso, sociale, culturale sull’Occidente cristiano.

Ai monaci pre – benedettini mancava una grande regola comune rispondente alla natura della vita religiosa e allo spirito occidentale.

Le molte regole in uso non erano in sostanza che raccolte di massime spirituali con liste di proibizioni e di penitenze.

Merito inestimabile di San Benedetto è quello di aver dato al monachesimo occidentale una legislazione pratica, ragionevole e discreta, una vera regola fissa, con l’aggiunta di elementi nuovi quali la “ stabilità” nel monastero e il lavoro manuale.

Nel secolo VII in Italia la diffusione dell’Ordine benedettino subì qualche remora a opera dei Longobardi, ma dopo la conversione di questi vi fu una vera fioritura di monasteri.

Crollata l’antica civiltà romana, l’Impero, percorso dalle orde barbariche, sarebbe potuto diventare un deserto materiale e moralmente. Le città e i castelli erano abbandonati; gli antichi monumenti profanati, le istituzioni del diritto sommerse nelle consuetudini dei rozzi vincitori; la vita intellettuale soffocata nelle eresie, negli scismi, e nelle corruzioni: l’economia sociale ricondotta a sistemi rudimentali. Soprattutto minaccioso era l’urto delle razze e delle religioni.

Solo la Chiesa si eresse a difesa del mondo occidentale e per suo merito Roma potè sopravvivere. Strumento efficacissimo di salvezza fu il Monachesimo.

I Benedettini fecero rinascere non solo in Italia, ma entro i confini del vecchio Impero, il senso pratico di operosità nei diversi campi assegnati al braccio e al pensiero. Dissodarono le terre incolte, penetrarono nelle selve per aprirvi delle vie di comunicazione e fondarvi dei centri abitati, incanalarono le acque, prosciugarono le paludi, instaurarono nuovi metodi di agricoltura.

Per ore e ore del giorno sfacchinavano, poi lasciato lo strumento di fatica, prendevano la sottile verghetta di piombo e copiavano manoscritti riportandoli dai fragili papiri alle resistenti pergamene che qualche secolo dopo l’umanista riscoprirà per arricchire il patrimonio del sapere del mondo.

La letteratura latina e greca fu salva nei monasteri e nelle chiese. E non si trattò di cultura chiusa, essa fu estesa al pubblico per mezzo delle scuole.

Altrettanto benefico influsso dei Benedettini nel mondo delle Arti, tanto da chiamarsi arte monastica quella romanica. Monaci furono architetti, ingegneri, artieri e costruttori pittori, scultori, musici.

Essi si preoccupavano non soltanto di assicurare ai poveri la sistemazione materiale e intellettuale ma l’una e l’altra forma di carità integravano con l’assistenza spirituale distribuendo i tesori della sapienza, della virtù e della Grazia, secondo il programma simboleggiato nella croce e nel motto: “ Ora et Labora”, del loro grande Patriarca, definito da San Gregorio Magno” maestro per eccellenza della vita perfetta” ( Dialoghi).

Gli oratori da essi fondati anche nei luoghi meno accessibili divennero col tempo chiese intorno alle quali si agglomerarono le prime capanne dei bifolchi felici di trascorrere la vita sotto la guida di quei monaci usciti spesso dal ceto nobile per condividere coi semplici le fatiche e le soddisfazioni spirituali.

L’etimo dei nomi di parecchie città ce ne svela l’origine monastica.

Purtroppo la storia degli ordini religiosi alterna periodi di splendore con altri di decadenza.

Anche a non dar troppo credito, come di dovere, alla leggenda dell’Anno Mille, capziosamente divulgata dagli enciclopedisti, dobbiamo convenire che un profondo abbassamento del tono di vita religiosa contrassegna la società cristiana nei secoli IX-X- XI pure accompagnandosi a imponenti manifestazioni d’una religiosità esteriore.

Il costume di vita nelle abbazie e nei conventi subì una flessione dopo il periodo di più intenso fervore specialmente a causa di interferenze laiche e del fattore politico economico che ne allentavano la disciplina.

Ma proprio da allora cominciò a manifestarsi una reazione salutare che portò alla rinascita, giunta al suo apogeo nei secoli XII-XIII.

Centro propulsore divenne l’Abbazia di Cluny ( 910) la cui riforma fu protetta dal Papa fin dal 931 e sottratta a ogni influsso della potestà civile ed ecclesiastica locale.

Con Gregorio VII già monaco di Cluny immense energie furono poste al servizio della Chiesa.

Seguirono dopo il Mille altre riforme particolari intonate generalmente a criteri di una più severa ascetica monastica e d’un ritorno alla pratica della povertà in opposizione alla potenza economica – politica delle grandi Abbazie.

Ecco le principali: Camaldolesi ( 1012), Vallombrosani( 1036) Certosini ( 1084) Cistercensi ( 1098) Silvestrini

( 1231) Olivetani( 1313) e finalmente la congregazione di Santa Giustina di Padova ( 1419) detta poi ( 1504) Cassinese con tendenza ed evoluzione federativa adatta ai tempi mutati.

In questo panorama è compresa la vicenda storica di sant’Alberto e della sua famosa Abbazia.

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